Stringi il tuo bambino per pochi minuti, ancora incredula. Commossa, per la prima volta senti il tuo dito stretto da quella manina infinitesima; l'istante magico in cui è venuto al mondo si è congelato nella tua memoria come un piccolo miracolo. Un secondo prima sei tu, un secondo dopo siete due persone.
Stai ancora assaporando quei ricordi, in attesa che finalmente arrivi l'ora della poppata - quanto hai sognato, quel momento, quando venivi in ospedale per i monitoraggi e sbirciavi le capoccette scure nelle cullette trasportate dalle ostetriche! Sei stanca e felice come mai nella vita.
Ed è allora che accade. La vita cambia con una rapidità che non ti aspetti. Entra una pediatra dolcissima, che ti parla con il cuore in mano spiegandoti perchè il tuo bambino non è lì con te.
"E' in patologia neonatale" dice "Per accertamenti".
Nel tuo cuore di neo-mamma, la gioia è talmente grande che non pensi nemmeno possa esistere qualcosa di tanto grave. "febbre" e "difficoltà respiratorie" dice la pediatra, e nel tuo cuore tu pensi "Ma sì, andrà tutto bene, è meglio che si accertino, non vedo l'ora di tenerlo tra le braccia, questa sera."
Quando la pediatra torna, nell'orario di visita, e con espressione seria chiede cortesemente a tutti i parenti di uscire, per la prima volta il cuore si blocca.
Da lì in poi, non ho che ricordi confusi, come se tutto fosse accaduto sotto una qualche anestesia. Non ho pianto che diverse ore dopo, quando l'ambulanza-cicogna se l'era portato via e avevo avuto solo un istante per vederlo passare, bellissimo e ignaro nella sua incubatrice.
Una notte lunghissima, perchè il ginecologo avrebbe firmato per la mia dimissione solo l'indomani mattina. Una notte di pianti; la mia prima poppata fatta con un tiralatte, perchè l'unica cosa che potevo fare era cercare con tutte le mie forze di mantenerlo. Pensieri terribili che si susseguono nella mia mente; la più brutta delle sensazioni, l'invidia, che serpeggia sinuosa avviluppandomi il petto nel pensiero che, nelle altre stanze, alle altre mamme era andato tutto per il meglio e si godevano tranquille i loro bambini, senza rendersi conto della benedizione che avevano ricevuto. E, subito dopo, il senso di colpa per queste riflessioni così misere.
La pancia che pare stretta da un nodo, mentre pensi che tu non sei lì accanto a lui, che non puoi parlare con i medici, non sai cosa sta succedendo; guardi l'orologio dicendoti "ecco.. tra poco farà il primo intervento".. e da allora i minuti scorrono troppo lenti, la cena si fredda sul vassoio in attesa della telefonata che dice "per ora è andato tutto bene, tra qualche settimana l'intervento correttivo vero e proprio".
Pensi che non ricordi quasi nemmeno i suoi lineamenti, tanto poco l'hai visto: qualche istante avvolto nella coperta come in un bozzolo, col cappellino celeste - che ti ricorda la spensieratezza di quando lui era al sicuro dentro la pancia, e credevi che lo avresti protetto da tutto - calcato poco sopra gli occhi; e poi di sfuggita, addormentato placidamente nell'incubatrice, lui e il suo pannolino, senza quelle tutine tanto amorosamente scelte e messe in valigia per i suoi primi giorni.
Pensi alla sua cameretta vuota, lì a casa, pronta ad accoglierlo, al nastro azzurro, ai bavaglini a punto croce; e quando per la prima volta nella tua mente si fa strada il pensiero che possano non servirti mai, infine crolli.
E' in quelle ore che capisci veramente il significato della parola "angoscia", quando a stento respiri e piangi talmente tanto da non avere più lacrime. Quando il tempo non passa e le parole di chi ti sta intorno sono l'una il vuoto eco dell'altra.
Ci si aggrappa a ciò che si ha, in quei momenti; a quello che hai studiato, perchè purtroppo o per fortuna la tua formazione universitaria ti ha fornito quel tanto di basi di anatomia e fisiologia da capire perfettamente ciò che sta succedendo, ma anche alla fede.
Una delle frasi più belle, che in quei momenti mi ripetevo spesso, me la scrisse in un messaggio una mia amica: "Cerca di ricordare che noi crediamo nella scienza, nella medicina e forse anche in qualcosa di più". Non è molto, in quei frangenti, ma era tutto ciò che avevo.
The boy who lived
2 anni fa
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