martedì 20 aprile 2010

candeline ...

... il primo compleanno, per i genitori di un cuoricino operato, ha una duplice valenza. C'è la gioia, naturalmente, quella di qualsiasi genitore al quale "sembra ieri" che aveva tra le mani un affaretto indifeso, incapace perfino di reggere da solo la testa, e invece, tutt'a un tratto, ecco una personcina in miniatura in grado di immergere le manine voluttuosamente nella sua torta di compleanno, con un sorriso impertinente.
Ma c'è anche qualcosa di più. C'è il ricordo di quelle lunghissime ore inchiodati su divanetti polverosi, in attesa che la porta della sala operatoria si spalanchi, che qualcuno - cuffia in testa e mascherina abbassata sul mento - si affacci infine per dire "è tutto a posto, l'intervento è terminato". C'è l'immagine di tuo figlio - simile a un bambolotto di cera - sedato, in un groviglio di tubi, il cuoricino ricucito pulsante sotto le bende, e la paura incomfessabile che quegli occhi possano non riaprirsi più. C'è l'odore del disinfettante, il rito della vestizione - camice di carta e sovrascarpe -, ci sono i sorrisi tirati scambiati con gli altri genitori, fino al momento in cui la porta della Terapia Intensiva si spalanca e tutti corrono dentro, ognuno verso la propria culletta, sperando di avere abbastanza tempo a disposizione per dare a tuo figlio tutte le coccole che un bambino di due settimane di vita si merita. C'è l'emozione di quel giorno in cui un'infermiera - splendente come un angelo, nei tuoi ricordi - è venuta a dirti che quella mattina sareste stati dimessi; c'è la trepidazione con cui hai percorso il reparto con il tuo tesoro più prezioso finalmente addormentato nella sua navicella Peg Perego, quasi temendo che qualcuno, sbucando fuori da un angolo, ti dica "ehi, dove stai andando, non è mica tuo, non puoi portartelo a casa".
Ci sono queste e centomila altre immagini che vorresti veder prendere fuoco assieme allo stoppino della candelina, ma sai benissimo che non te ne libererai mai, neanche quando davanti a te avrai un uomo grande e grosso con una sottilissima cicatrice invisibile sotto i peli del petto.

Ma l'unica cosa che conta è che lì, davanti a te, hai un bambino assolutamente inconsapevole della grande avventura di cui è stato protagonista, che sorride sereno davanti all'obiettivo, con semplicità.
E allora pensi finalmente che è tutto archiviato.

giovedì 8 aprile 2010

essere cardiopatico

Ci sono storie che vale la pena di raccontare, perchè possano essere di esempio agli altri; sono spesso storie straordinarie di eroi, di imprese leggendarie, di miracoli, ma ancor più spesso sono semplici storie di chi, nella quotidianità, ha trovato davanti a sè un ostacolo, e l'ha superato.
Ecco perchè quando ho scoperto l'esistenza di questo blog: http://cris-esserecardiopatico.blogspot.com/non ho potuto non provare una stretta al cuore. Tanto per cominciare, mi sono resa conto che lo stesso desiderio impellente che ho provato io - di raccontare, di condividere, di poter finalmente guardare al dolore passato senza paura - è comune ad altri che abbiano vissuto un'esperienza simile.
Ma ancor di più, ho trovato in questo blog la risposta ai mille interrogativi che, da mamma, affollano la mia mente da mesi, da quel lontano (ahimè, mai abbastanza!) giorno in cui, a poche ore dal parto, la mia vita ha cambiato bruscamente binario.
Ok, continuo a pensare, il peggio è passato. Ma dopo? Cosa verrà? Sarà felice mio figlio? E soprattutto, saremo in grado noi genitori e nonni di spiegargli quella sua cicatrice senza per questo renderlo "diverso"? Sento gravare sulle mie spalle l'enorme peso di quella responsabilità, perchè se in quelle lunghe ore in sala operatoria ho potuto fare ben poco per lui, sento che è ora, passo dopo passo, che il nostro ruolo si fa cruciale.
Ecco perchè consiglio di leggere questo blog, e in particolare il post intitolato "Crescere cardiopatica", perchè aiuta noi genitori a vivere questa esperienza attraverso gli occhi dei nostri figli, perchè ci fa capire, con molta semplicità, che la voglia di correre, giocare, buttarsi alle spalle tutto ciò che c'è stato di negativo, la voglia di gioire devono essere la nostra guida. Perchè guardando le cose da un'altra prospettiva, quella di chi quella cicatrice se la porta addosso, e ci convive, tutto diventa terribilmente semplice.
Leggo le parole di Cris, ed è come sentir parlare mio figlio - che non ha nemmeno un anno, ma lo si capisce dai sorrisi, dall'amore per la piscina, dalla caparbietà che mette nei primi passetti traballanti, dal coraggio con cui tenta di arrampicarsi sui divani per poi caderne a testa in giù, lo si capisce da tante piccole cose che anche lui, dentro, scoppia dalla voglia di vivere la sua vita senza che tutti noi, intorno, cerchiamo di intrappolarlo in una campana di vetro.

E allora, con semplicità, ce la metteremo tutta.

mercoledì 7 aprile 2010

robot in sala operatoria

Ho trovato molto interessante questo articolo - a dire il vero risalente a più di un mese fa- del Corriere della Sera:

http://www.corriere.it/salute/cardiologia/10_febbraio_16/chirurgo-robot-cuore-battente_ff6dbb1c-f6f2-11de-8c4c-00144f02aabe.shtml

Pare infatti che la robotica, già applicata ad altre branche della chirurgia, stia per essere impiegata anche sul cuore; un braccio meccanico in grado non soltanto di operare "meccanicamente" sotto la guida del chirurgo umano che lo controlla tramite una console, ma anche di prevedere i movimenti del cuore mentre batte, coordinando così i propri movimenti a quelli dell'organo - e dell'intero torace mentre respira - così da operare in tutto e per tutto come se il cuore fosse fermo.

Ad oggi il cardiochirurgo robotico non è che un progetto tridimensionale computerizzato (in corso di studi presso l'università di Montpellier, in Francia) che ancora necessità di aggiustamenti e correzioni, ma è comunque affascinante immaginare come, in un futuro prossimo, macchine e uomini possano cooperare tanto strettamente da far pensare ad una storia scritta dalla penna di Asimov.
Senza nulla togliere a quegli uomini che, quotidianamente e con le loro semplici mani, compiono in sala operatoria piccoli miracoli. Per chi, come me, li ha incontrati, non c'è braccio robotico che possa rimpiazzarli, perchè è proprio la loro straordinaria umanità a renderli speciali.