lunedì 28 febbraio 2011

IL DOLORE DI UN PADRE




L' uomo nella foto è Kenzaburo Oe: scrittore, esperto di letteratura, ma soprattutto padre di un figlio "diverso". Il suo primo primogenito Hikari, nato nel 1963 con una grave malformazione cerebrale ed operato quand'era ancora in fasce, ha ricevuto in eredità dal difficile intervento un grave ritardo mentale, una forma di autismo associata a ricorrenti crisi epilettiche. Mentre il suo corpo, all'esterno, cresce, nella sua mente tutto è irrimediabilmente arenato in un limbo infantile e muto. Tutti noi sappiamo cosa prova un genitore quando riceve come un fulmine a ciel sereno una diagnosi nella quale la parola "malformazione" ti trafigge il petto come una lama; alcuni di noi sanno purtroppo anche cosa si prova quando, dopo ore di attesa fuori da una sala operatoria, un chirurgo con tutto il tatto possibile viene a spiegarti che, purtroppo, qualcosa è andato storto. E, avendo il meraviglioso dono della scrittura, per Kenzaburo è spontaneo trasmettere attraverso carta e penna le emozioni ; nascono così Un'esperienza personale ( del 1964) e Una Famiglia (raccolta di articoli a carattere autobiografico pubblicati sulla rivista «Sawarabi» nel 1995). Proprio quest'ultimo libro ho letto e mi sento di cosnigliarvi, pur non trattando propriamente nè di cardiopatie congenite nè di piccoli operati al cuore.


Una storia diversa, eppure così vicina sotto alcuni aspetti, come nel suo confessare - a cuore aperto e senza pudori - i suoi tentennamenti, i suoi dubbi, le sue paure. Il racconto pieno di delicatezza che un padre, trascorsi ormai parecchi anni dall'evento, è in grado di guardarsi alle spalle a freddo, tirando le somme, riesaminando i suoi comportamenti alla luce della maturità.
E ancora, la silenziosa e paziente accettazione della moglie, sempre paziente di fronte al comportamento spesso difficile del figlio; e poi la straordinaria capacità di Hikari di comunicare, nonostante tutto, attraverso la musica, superando perfino gli ostacoli fisici che la sua invalidità gli contrappone per diventare compositore di struggenti melodie in grado sorprendentemente di richiamare alla mente di chi ascolta il momento che vogliono rievocare.

Un libro che tratta di disabilità, della difficoltà di essere padre ( e madre ) quando tutto non fila liscio come nei manuali di puericultura, di come le persone che la Vita ci mette accanto non siano lì per caso, ma per insegnarci in qualche modo un messaggio.

Insomma, se avrete voglia - e tempo - di confrontarvi con un papà che ha sofferto e che ha vinto, ascoltate quello che ha da dire Kenzaburo Oe.

(
immagine tratta da Wikipedia)

lunedì 21 febbraio 2011

LA STORIA DI CORA -

Voglio segnalarvi un bellissimo blog (in inglese), testimonianza del fatto che, in una mamma che si scontra con la realtà di una cardiopatia congenita, il desiderio di comunicare è tanto.
Anche quando, quella storia, un lieto fine non ce l'ha. Ecco dunque la storia della piccola Cora, affetta da una cardiopatia congenita e morta proprio tra le braccia della sua mamma a pochi giorni di vita.

Mi rendo conto sempre più che parlare di morte mette parecchio a disagio chi ci sta intorno. Perlopiù, la gente tende a reagire con un silenzio imbarazzato, glissando poi in tutta fretta per tornare a parlare d'altro; eppure ci sono, a mio parere, storie terribili eppure bellissime, perchè servite a far sbocciare qualcosa di bello.
Come forse ho già scritto (o forse no, la memoria comincia a fare cilecca ad un anno dall'apertura di questo blog), da quest'esperienza ho imparato che noi esseri umani siamo come ostriche, in grado di reagire a ciò che più ci ferisce dentro costruendogli attorno la più bella delle perle.

Consiglio dunque a tutti la lettura di questo blog, ma soprattutto a tutti quelli che si trovano ad affrontare una tragedia tanto grande quanto la perdita di un bimbo. Lo so, sarebbe molto più facile fingere che ciò non accada mai, ma purtroppo non tutti hanno la fortuna di un lieto fine; e la mamma di Cora, dal suo immenso dolore, ha pensato bene di creare una sezione del suo blog (Helping a Friend after Baby Loss) dedicata a familiari ed amici, per aiutarli ad aiutare. Perchè solo chi c'è passato è in grado di spiegare DAVVERO cosa si prova e quali parole e quali gesti possono essere veramente d'aiuto.

E visto che il senso di questo mio blog era quello di divulgare esperienze in modo che possano essere d'aiuto ad altri genitori, non posso che segnalarvi questa storia triste e bellissima, senza troppi giri di parole.

domenica 20 febbraio 2011

.. AGLI ANGELI-PAGLIACCI... GRAZIE DI CUORE.

immagine tratta dal sito: http://www.dottorsorriso.it/index.php

Trascorrendo un mese in un ospedale pediatrico ci si imbatte anche in immagini come questa: pagliacci in corsia che, incuranti del dolore, riescono a strappare un sorriso ai bimbi malati. La testimonianza più eclatante, probabilmente, di un bellissimo pensiero di Madre Teresa di Calcutta:
"In this life we cannot do great things. We can do small things with great love."
Vale a dire, che in questa vita non possiamo fare grandi cose, ma solo piccole cose con grande amore.
Il mio incontro con queste persone meravigliose è stato breve, ma lo ricordo come un piccolo raggio di sole in quel periodo buio del quale parlavo in un post recente. Quando meno te lo aspetti, eccoli che entrano in reparto, in due o tre, con i loro colori, i sorrisi, le parrucche e le bolle di sapone. Il mio piccolo Eroe era talmente piccolo che capiva poco o niente, non aveva nemmeno un mese... ma ricordo perfettamente il bambino del letto accanto, grande abbastanza per entusiasmarsi vedendo riempirsi la stanza di bolle di sapone.
Li ricordo con gran piacere, come una ventata d'aria fresca. E pensare che non ho mai amato i clown, nemmeno quando ero piccola; eppure, in quel momento, un naso rosso e degli occhialoni di plastica fuori misura hanno avuto il potere di farmi evadere da tutto.
E che tutto questo accada davvero, è provato: basta leggere questo articolo estratto dal blog Psicologia Online per rendersi conto dell'importanza di queste piccole, straordinarie associazioni.

GRAZIE DI CUORE

sabato 19 febbraio 2011

ARRIVA LA CARTA DELLA SALUTE ALL'OPBG

immagine tratta dal sito: www.ospedalebambinogesù.it

Voglio segnalare oggi una bella e utile iniziativa promossa dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (qui il link con tutti i dettagli); con la Carta della Salute infatti sarà possibile, per i genitori dei piccoli pazienti, accedere facilmente e velocemente a referti, cartelle cliniche e risultati delle analisi. Una bella comodità, insomma; per averla, non bisogna fare altro che rivolgersi agli sportelli dell'ospedale richiedendone l'attivazione.
La privacy de piccoli pazienti è naturalmente garantita: sulla tessera è infatti riportato un codice numerico identificativo (visibile nell'immagine in alto) che, associato ad un PIN di sicurezza da digitare al momento del login consentirà di risalire, tramite il codice fiscale, alla cartella clinica e a tutti gli altri dati disponibili all'interno del database dell'ospedale. Basterà dunque accedere al portale https://cartadellasalute.opbg.net per avere a portata di clicktutte le informazioni desiderate, ovunque vi troviate (se necessario, anche dallo studio medico del pediatra di famiglia!)

Vi rimando dunque al link dell'ospedale per tutti i dettagli, e vi segnalo anche i contatti messi a disposizione proprio dall'OPBG per chiunque volesse informazioni:

telefono: 06/94537815
e-mail: cartadellasalute@opbg.net

giovedì 17 febbraio 2011

... lo sconforto.....

Se qualcuno mi chiedesse in quale momento, durante quel lungo mese di attesa, mi sono sentita DAVVERO a terra, sorprendentemente risponderei: "gli ultimi due giorni in degenza."
Non in Patologia neonatale, durante le due settimane di attesa prima dell'operazione.
Non nelle undici ore fuori dalla sala operatoria, su un divanetto color cioccolato.
Non nei cinque giorni di terapia intensiva.
Tutto questo, complice forse l'istintiva e animalesca forza che in qualche modo richiama le nostre energie quando più ne abbiamo bisogno, in un modo o nell'altro è trascorso senza particolari abbattimenti. Ma proprio quando, in fondo al tunnel, si intravedeva la luce, proprio quando eravamo lì, nel reparto di Cardiologia Degenza, in attesa da un momento all'altro di sentirci dire "Ok, potete uscire", mentre sotto i punti la pelle incominciava a cicatrizzare e tutti ci preparavamo al rientro a casa. E' stato proprio allora che mi sono ritrovata in lacrime, al telefono con mio marito, dicendogli "non ce la faccio", con la tormentosa sensazione che nessuno desse sufficientemente peso a quella frase.
Osservando la me stessa di allora con occhi diversi, a ritroso, è facile capire il perchè. Venivo da un mese duro, due giorni dopo il parto ero già in ospedale per otto ore al giorno, dormivamo spostandoci da un alloggio di suore all'altro, cenavamo in silenzio nella nostra stanzetta un pasto freddo che i nostri genitori si erano preoccupati di portare, perchè fosse stato per noi saremmo campati di aria. Stress, stanchezza fisica, digiuni intramezzati da un tramezzino o un cappuccino bollente consumato in piedi, nel piccolo bar sempre troppo affollato. L'ansia, la frustrazione per non essere in grado di prendermi cura di mio figlio, il latte che ora c'è e ora no, la sensazione di essere in gabbia.
Nel reparto di Cardiologia, l'impegno non è indifferente, per una mamma che ha alle spalle tutto ciò; stare 24 ore su 24 accanto al lettino per poppate e cambi di pannolino, col timore che, se mi fossi allontanata per una boccata d'aria, avrebbe cominciato a piangere. E poi l'attesa, un attesa continua: per il giro di visite mattutine del Pediatra di reparto, per la medicazione, per il controllo Neurologico, per l'infermiera che sarebbe venuta a prenderci per portarci al piano di sotto per l'ecocardio. Anche lì, restavo inchiodata alla mia poltroncina, perchè come è logico in un ospedale le urgenze e le priorità cambiano, e poteva capitare che ci venissero a chiamare proprio ad ora di pranzo, costringendomi a saltare anche quel pacchetto di cracker o di biscotti. Una settimana dormendo poco o niente, senza potersi stendere come si deve, senza la possibilità di una doccia, mangiando di malavoglia nel corridoio appena fuori dal reparto, pronta a rientrare il prima possibile, e quelle estenuanti mezzore nascosta da un paravento, attaccata al tiralatte, approfittando di un sonnellino del mio piccolo eroe.... tutto questo ha finito per fiaccarmi fisicamente e spiritualmente, precipitandomi in una spirale dalla quale faticavo a rialzarmi.

E' stata dura, durissima; e immagino che dovesse essere ancor più dura per quelle mamme che, venute da altre regioni, potevano raramente contare su un papà o una nonna pronti a una sostituzione di dieci minuti, quel tanto che basta per mangiare qualcosa e prendere consapevolezza che davvero non ce la fai più.
Quella mattina in cui l'infermiera ha finalmente detto "preparatevi che in mattinata uscite" mi sono sentita sciogliere le gambe. Il sole non mi è mai sembrato così brillante come quando, dopo un lunghissimo mese di "prigionia", siamo usciti dal reparto con il nostro bimbo ben imbacuccato nella navetta.
Ricordo che mio marito era andato a prendere la macchina e, mentre aspettavo seduta su un muretto, lo guardavo incredula dormire finalmente sotto alle copertine accuratamente lavate e messe da parte durante i nove mesi di gravidanza.

"E' finita".. mi dicevo.

sabato 12 febbraio 2011

STAMINALI PER RICOSTRUIRE IL CUORE DEI PICCOLI CARDIOPATICI

Voglio segnalarvi un articolo che a sua volta riprende quanto pubblicato sulla rivista "Circulation": sembra infatti che una equipe americana, guidata dal chirurgo Sunjay Kaushal, abbia ottenuto risultati che fanno ben sperare nell'ambito di applicazione delle cellule staminali alle cardiopatie congenite.

Esse sarebbero infatti in grado di ricostruire il cuore danneggiato dei piccoli pazienti, sostituendosi così al ben più invasivo trapianto d'organo, con tutte le complicazioni che esso comporta. Il condizionale è però d'obbligo, dal momento che questa ventata di speranza con cui si apre il 2011 necessita ancora dell'approvazione dell'FDA (l'equivalente statunitense del nostro Ministero della Salute). In ogni caso, con l'autunno dovrebber arrivare i primi trial clinici che potranno confermare quanto evidenziato ad oggi dagli studi del Dr. Kaushal.

In attesa dunque di ulteriori sviluppi, vi rimando all'articolo completo (potrete trovare oltretutto il link all'abstract in inglese della pubblicazione originaria su "Circulation").

giovedì 10 febbraio 2011

GIORNATA MONDIALE DI SENSIBILIZZAZIONE SULLE CARDIOPATIE CONGENITE

Anche quest'anno, il 14 Febbraio ricorrerà la GIORNATA MONDIALE DI SENSIBILIZZAZIONE SULLE CARDIOPATIE CONGENITE.

E, anche quest'anno, con mio grande disappunto noto che in Italia questa ricorrenza passa sotto silenzio. Per carità, ci sono tante altre emergenze sotto i riflettori; eppure voglio segnalarvi un post (naturalmente, in inglese), il cui titolo è già di per sè esplicativo: "Perchè diffondere la conoscenza delle cardiopatie congenite può fare la differenza".
Si tratta infatti di un problema che si tende a prendere sotto gamba, probabilmente perchè, come sottolinea l'autore del blog, nell'immaginario di molti quella delle Cardiopatie Congenite non è certo una priorità a livello sanitaria.
Eppure ben tremilacinquecento bambini l'anno (rimando al mio precedente post), in Italia, nascono con una cardiopatia congenita; molti di loro se la porteranno dietro fino all'età adulta, ma per molti di essi una diagnosi tardiva può essere fatale. Conoscere in anticipo la cardiopatia vuol dire potersi informare, poter scegliere l'ospedale nel quale partorire in modo che sia vicino a quello in cui il bambino dovrà essere ricoverato, vuol dire avere attorno personale medico che sa cosa sta per accadere e può intervenire tempestivamente se necessario, pianificare il parto in modo che tutto possa essere predisposto correttamente. E lo dice una alla quale la diagnosi prenatale è purtroppo mancata, e che si è trovata tra capo e collo a dover affrontare qualcosa che non avrebbe mai immaginato.

Ecco dunque, riassumendo i punti cardine del post, perchè è importantissimo diffondere questa giornata mondiale:

- Perchè non bisogna valutare l'importanza, per un genitore, di sapere dove e a chi rivolgersi per avere supporto in un momento molto difficile della sua vita. Genitori non si nasce, ma si impara; tantopiù abbiamo bisogno di imparare come essere genitori in un reparto di Cardiologia Pediatrica;

- Diffondere informazioni sulle cardiopatie congenite vuol dire diffondere la conoscenza dei loro sintomi; mi riferisco naturalmente a tutte quelle cardiopatie che possono non manifestarsi alla nascita, come è accaduto a me, ma a distanza di tempo; è importante dunque che certi campanelli d'allarme non vengano sottovalutati - non per questo volendo seminare un clima di panico tra i neogenitori!

-In alcuni casi, l'informazione sulle cardiopatie congenite può aiutare chi si appresta a diventare genitore ad evitare i fattori di rischio; purtroppo non sempre questo è possibile, dal momento che in molti casi la corretta eziogenesi della malformazione non è nota. In ogni caso, è un aspetto che è necessario sottolineare.

- La ricerca sulle cardiopatie congenite non si deve fermare. Per questo, "spargere la voce" può aiutare le persone ad aprire gli occhi, sostenendo anche chi si occupa di ricerca in questo campo.

Vi rimando in ogni caso al post originale per maggiori informazioni e ulteriori links.

Vi segnalo inoltre di nuovo il link di "A day for the heart -Congenital Heart Defects awareness day", già postato un anno fa, dal quale potete scaricare il banner:

A DAY FOR HEARTS : Congenital  Heart Defects Awareness Day  - Click here for details

o, in alternativa, la versione "button", per il vostro sito o blog.

Insomma, spargete la voce.