venerdì 29 ottobre 2010

NESSUNO TI COLPISCE DURO COME FA LA VITA

Sai, Robert, una volta ti misi qui, nel palmo della mia mano, ti tirai su e poi dissi a tua madre: "Questo è il più bel bambino del mondo. Guarda, Adriana, questo bambino diventerà certamente qualcuno!" E tu crescevi bello, sano, forte; vederti crescere ogni giorno era una cosa meravigliosa. E quando è venuto per te il momento di diventare un uomo, di affrontare il mondo, l'hai fatto. Ma qualcosa, lungo il tragitto, ti ha fatto cambiare, non sei esistito più. Hai permesso al primo fesso che arrivava di farti dire che non eri bravo, sono cresciute le difficoltà, ti sei messo alla ricerca del colpevole e l'hai trovato in un'ombra. Ora ti dirò una cosa scontata: guarda che il mondo non è tutto rosa e fiori, è davvero un postaccio misero e sporco e per quanto forte tu possa essere, se glielo permetti, ti mette in ginocchio e ti lascia senza niente per sempre. Nè io, nè tu, nessuno può colpire duro come fa la vita. Perciò, andando avanti, non importa come colpisci, l'importante è come sai resistere ai colpi, come incassi, e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti. Così sei un vincente! E se credi di essere forte lo devi dimostrare che sei forte, perchè un uomo vince solo se sa resistere, non se ne va in giro a puntare il dito contro chi non centra, accusando prima questo e poi quell'altro di quanto sbaglia. I vigliacchi fanno così, e tu non lo sei! Non lo sei affatto!

Non sono propriamente una fan della saga di Rocky. Eppure, ascoltando questa frase, scopro tutt'a un tratto la calzante analogia dell'incontro di boxe con la vita.
Tutti noi, riemersi più o meno indenni da un dolore che temevamo ci avrebbe sommerso, ci siamo seduti in un angolo, scoprendoci non soltanto vivi, ma addirittura più forti. E, contandoci le cicatrici, tutti noi abbiamo scoperto la straordinaria forza insita nell'animo dell' uomo.
E' vero, la vita colpisce e colpisce duramente; e talvolta, in barba alle regole, colpisce basso.
Quando questo accade, conta poco affannarsi a cercare, di qua e di là, il colpevole delle tumefazioni, sta a noi e soltanto a noi opporre il petto e resistere.
Improvvisamente, con la lucidità che solo il tempo può restituire, mi rendo conto che in quelle ore, in quelle settimane, sarebbe stato un attimo, finire al tappeto. Probabilmente, sarebbe stata la scelta più facile, lasciarsi cadere sotto i colpi della vita, perchè che senso può avere combattere contro qualcosa che è fuori dal nostro controllo?
Eppure, abbiamo resistito. Abbiamo incassato. E ci siamo lasciati tutto alle spalle. Guariscono le ferite, i lividi sbiadiscono, si sgonfiano gli ematomi. Quello che resta, è la consapevolezza di essere rimasti in piedi sotto i colpi.

Per questo voglio proporre questa semplice riflessione, a tutti coloro che, trovandosi in balia della vita, faticano ad aggrapparsi a qualcosa. Vedere un bambino di pochi giorni di vita intubato e infilzato di aghi ti colpisce con la forza di un pugno in faccia. Se quel bambino è tuo figlio, il colpo è tanto forte che pensi "ecco, adesso succede, ora finisco al tappeto".
Ma come genitori abbiamo un compito, uno soltanto: essere forti. Dimostrare ai nostri bambini che per quanto la vita possa colpire duro, non si deve mai mollare. Anche quando ti colpisce alle spalle.

venerdì 8 ottobre 2010

UN INTERVENTO RIVOLUZIONARIO AL BAMBIN GESU' DI ROMA

Il più delle volte, la Storia segue il suo flusso distante dalla quotidianità delle nostre vite. Poi accadono cose che mutano bruscamente, in corsa, il tuo binario, portandoti a contatto con persone che la Storia non solo la vivono, ma la "fanno".
E succede che, in una dorata giornata autunnale, il web e i telegiornali rimbalzino una notizia come questa (qui il link alla notizia per intero, sul sito del Sole 24 Ore):

Quindicenne riceve cuore artificiale permanente. Storico intervento all'ospedale Bambino Gesù di Roma

E scopri che lo stesso, straordinario chirurgo che ha operato tuo figlio - ma dire operato è forse riduttivo; direi piuttosto colui che ha fermato il cuore di tuo figlio, sollevato le coronarie, tagliato arteria polmonare e aorta, le ha invertite rimettendo poi le coronarie al loro posto - si è reso protagonista di un intervento miracoloso. Non sto qui a commentare la notizia dal punto di vista strettamente medico, non ne avrei nè i mezzi nè le competenze. Quello che voglio sottolineare è che forse, tutti noi - e per "noi" intendo noi Italiani - dovremmo imparare di tanto in tanto a fermarci ed anzichè piangerci addosso per tutto ciò che non abbiamo, sentirci orgogliosi per ciò che abbiamo.
Per esempio? Abbiamo ospedali pediatrici meravigliosi e, gioiello tra i gioielli, abbiamo a Roma una struttura all'avanguardia nella cardiochirurgia, in grado di realizzare interventi unici al mondo. Chi come noi ha avuto - nella sfortuna - la sfortuna di entrarci, sa di cosa parlo. Infermieri straordinari, in grado di trattare con i genitori in un momento tanto delicato come quello della terapia intensiva, riuscendo a strapparti un sincero sorriso e di farti uscire da quella stanza con la certezza di aver lasciato tuo figlio in mani amorevoli. Medici pieni di passione, che anche dopo undici ore di intervento trovano il tempo e la pazienza di rispondere alle tue domande. Volontarie dolcissime, sempre presenti.
Ci raccontò, a suo tempo, un gentilissimo (ed orgogliosissimo!) infermiere della TIC, di come dagli Stati Uniti venissero fior fior di Professori appositamente per studiare - ed imparare - "da noi". Forse noi lo diamo per scontato, nella nostra facilità nel lagnarci, ma interventi come questi, e come quello di mio figlio, hanno un costo stellare. E se non si ha l'assicurazione sanitaria, negli USA non c'è modo di poterseli permettere; ciò vuol dire che non ci sono DAVVERO speranze, quando il medico ti comunica certe diagnosi. Se il cuore con cui nasci non pompa bene, se le arterie non escono dal ventricolo giusto, sei fuori dai giochi.
Eppure proprio qui, nella nostra Italietta malfunzionante, malgrado la nostra martoriata sanità c'è ancora qualcosa che funziona, e funziona bene; ed è giusto che questo qualcosa abbia il risalto che merita.
E allora, al professor Amodeo, io per l'ennesima volta voglio dire grazie, perchè è stato lui a mettere al mondo una seconda volta mio figlio, mettendo le sue mani lì dove la Natura aveva bizzarramente fallito.

Vi consiglio di ascoltare, in questo video:




l'intervista al prof. Antonino Amodeo a Radio IES, nella quale è lui stesso a descrivere le modalità dell'intervento e le sue prospettive future.