martedì 14 dicembre 2010

NOI, E NEMO.

"Dov'è Nemo?"
(prende, orgoglioso, il suo pupazzo di peluche)
"E dove sta la pinnetta fortunata?"
(dopo una breve ricerca, sorridendo felice, stringe tra pollice e indice la pinnetta atrofica, rispondendo "CCA!!")

Una scena assolutamente banale, nella sua disarmante quotidianità. Cosa c'è di più comune di un bambino di diciotto mesi che comincia a districarsi tra le insidie del linguaggio?
Eppure quando lo guardo abbracciare il suo Nemo, il mio cuore - sempre questa parola, che ricorre in continuazione! - ha un sussulto. Forse per la prima volta ho percepito davvero a fondo il significato del film della Pixar, la potenza straordinaria di quel messaggio che dice a tutti noi, mamme e papà, di non lasciare che le nostre paure tarpino le ali dei nostri figli. Specialmente a quelli che, più degli altri, osservando pensosi le pinnette atrofiche dei loro pesciolini, temono che questo possa un giorno ostacolare la loro scoperta dell'Oceano.
E' talmente tanta la semplicità con cui, assolutamente ignaro di ciò che abbiamo vissuto, mio figlio affronta la vita come tutti gli altri, anche lui appollaiato sulla schiena di Maestro Manta, assieme agli altri. Ed è forse questa la cosa più surreale di tutto ciò che è stato... il fatto che, paradossalmente, lui - con la sua cicatrice biancastra lungo il petto - è un bambino assolutamente identico a tutti gli altri, mentre siamo noi, mamma e papà, ad essere stati talmente segnati da quanto è accaduto da essere "diversi", pur senza segni visibili.
L'ho scritto e riscritto.. ma a un anno e mezzo di distanza è decisamente questa la lezione più dura: convincerci che lui avrà una vita assolutamente normale, inspiegabilmente normale, per certi versi.. mentre saremo noi a sentirci ormai "fuori posto" di fronte alla normalità. Non può essere altrimenti, quando hai stretto la manina inerte di tuo figlio in un reparto di terapia intensiva neonatale.

Nessun commento:

Posta un commento