domenica 8 maggio 2011

.. Rinascere.



Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.

Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.

Che uno dice: è finita. No, finita mai, per una donna.

Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti da la morte o la malattia.

Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.

Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.

Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai. E sei tu che lo fai durare.

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.

Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.

Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.

Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".

E il cielo si abbassa di un altro palmo. Oppure con quel ragazzo che ami alla follia.

In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima; ed è passato tanto tempo, ce ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.

Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.

Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.

Ed è stata crisi. E hai pianto. Dio quanto piangete!

Avete una sorgente d'acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.

Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance? E poi hai scavato, hai parlato. Quanto parlate, ragazze!

Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. "Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?" Se lo sono chiesto tutte.

E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli.

Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?

E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.

Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.

Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.

Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.

Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.

Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.

Parte piano, bisogna insistere. Ma quando va, va in corsa.

E' un'avventura, ricostruire se stesse. La più grande.

Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.

Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo.

Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto.

Stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.

Per chi la incontra e per se stessa.

È la primavera a novembre. Quando meno te l'aspetti.

Jack Folla - da una trasmissione di Jack Folla





Ho sempre amato questo brano. Trovo che sia adattissimo per descrivere anche ciò che accade a quelle mamme che, come è successo a me, la normalità sono costrette a tenerla in stand-by per un po': qualche mese, qualche settimana se sono fortunate.

Perchè, diciamo la verità, va bene la gioia, ma non è che quando esci finalmente dall'ospedale riesci a scrollarti via dalle spalle tutto quanto. Me ne rendo conto, paradossalmente, soltanto adesso, a due anni di distanza, quando finalmente riprendo in mano le redini di tutto quanto. Mi rendo conto che, nei due anni trascorsi, malgrado sentissi finalmente di aver superato tutto quanto c'era sempre un qualcosa che mi teneva in sospeso, come incatenata; poi ho capito. Ho capito che, semplicemente, io non sono più la stessa che ero tre anni fa, quando ammiravo sognante le ecografie e ricamavo bavaglini a punto croce. E come potrei esserlo? Ero ingenuamente felice, fiduciosa, ignara.

E adesso? Adesso è diverso, sono CONSAPEVOLMENTE felice, sono più matura - vuoi perchè sono passata da "figlia" a "mamma", vuoi perchè ho conosciuto un inferno che non auguro a nessuno - sono soprattutto decisa a chiudere finalmente quella porta dietro alle mie spalle; e per farlo, mi sono resa conto che bisognava cominciare dalle piccole cose: un nuovo lavoro, una nuova casa, un po' di "potature" tra gli amici, qualche piccolo sogno da tirare fuori dal cassetto, spolverare e finalmente, con un pizzico di coraggio, lasciar volare via. Piccoli progetti che si stanno concretizzando in questi giorni e che mi hanno fatto capire una semplice verità: quello che è stato mi ha cambiata. Fino ad ora avevo cercato di "tornare" alla normalità, malgrado certe immagini che non volevano saperne di andarsene dalla mia testa e mi costringevano a tornare indietro a quei giorni, quando mi mancava l'aria. Invece, ecco l'uovo di Colombo: non è indietro che dovevo guardare, ma avanti. Non "tornare" alla normalità, perchè quella normalità di un tempo non esiste più, ma "agguantare" una nuova normalità, una nuova vita nella quale l'esperienza passata non è un handicap - emotivamente parlando - ma una nuova forza. Smetterla di rimpiangere l'ingenuità di un tempo, accettare la nuova me stessa - la me stessa consapevole che il cuore di mio figlio è stato tagliato, rappezzato e ricucito - e guardare avanti senza paura dei ricordi.
In una parola, "rinascere".

Perciò , per la festa della mamma, voglio dedicare questo brano a tutte le mamme "speciali", quelle che lottano, quelle che aspettano fuori dalla sala operatoria, quelle che temono di non riuscire a lasciarsi alle spalle tutto il peggio.. Siate fiduciose, e guardate sempre avanti.

2 commenti:

  1. Ho letto oggi per la prima volta il blog. La frase che hai scritto in alto...è esattamente ciò che ho provato due mesi fa.
    Purtroppo la mia piccola Stella oggi non c'è più... 38 giorni in ospedale, tubi ovunque, 2 cateterismi, 2 interventi, 15 giorni di anestesia totale, 1 settimana in assistenza circolatoria, 3 arresti cardiaci, telefonate nel cuore della notte "c'è un'emergenza"... e poi poco alla volta si è spenta. Ora brilla in cielo e nei nostri cuori. Ci ha dato tanto, troppo, in così poco tempo, dovevamo essere noi a trasmettere qualcosa a lei, in una vita intera. Sarò per sempre la sua mamma, anche se questo 8 maggio ero già senza di lei. Ottavia

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  2. ... di fronte a storie come la tua, Ottavia, diventa difficile trovare le parole. Ci si sente semplicemente piccoli e impotenti. Ma credimi se ti dico che non mi è difficile immedesimarmi; è stato per un lungo mese il peggiore dei miei incubi, e ciò che lo rendeva terribile era che c'erano momenti in cui sembrava pericolosamente reale.
    Il web mi ha dato l'occasione di conoscere tante mamme come te, che festeggiano la Festa della Mamma in un silenzioso dolore, ed ogni volta mi si stringe il cuore e mi chiedo se possa avere un senso, tutto questo.
    Mi auguro di cuore che la vita ti restituisca presto tutto quello che ha voluto toglierti - anche se immagino non potrà mai tornare tutto come prima.
    un abbraccio

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