mercoledì 20 aprile 2011

QUELLO CHE SCRISSI ALLORA

Non so perchè l'ho fatto. L'avevo lasciato lì, in un angolo dell'armadio, senza avere più il coraggio nemmeno di prenderlo tra le mani, tutto questo tempo. Mi costava troppo dolore il pensiero anche solo di sfiorare con lo sguardo quelle pagine, riempite con tanta gioia durante i nove mesi di attesa.
Parlo - forse si è capito - del diario della mia gravidanza, quel quadernone ad anelli con la copertina stampata a coccinelle nel quale ho minuziosamente annotato il fluire dei pensieri e delle emozioni, durante i lunghi mesi in cui, lentamente, come una farfalla nel suo bozzolo, mi sono trasformata in una mamma.
Non sapevo ancora quello che avrei dovuto affrontare, sebbene i primi mesi di gravidanza non fossero andati perfettamente lisci (tra minacce d'aborto e una tribolata esperienza con TN e bitest) ero fiduciosa che il peggio fosse ormai alle spalle, che tutto sarebbe andato finalmente per il verso giusto. Solo dieci giorni prima del lieto evento, concludevo dicendo "Ma penso a te, che tra poco arriverai, e mi sento serena."
Poi, un buco lungo quasi venti giorni, un buco del quale conosco perfettamente il senso e il significato. Erano i giorni della confusione, dell'angoscia, del terrore di perdere il terreno sotto i piedi. Anche solo il pensiero di prendere in mano la penna mi sembrava impossibile. D'altronde, come poter mettere nero su bianco una realtà così irreale? Dopo pagine e pagine di emozioni, di carezze scambiate attraverso la pelle tesa del pancione, di piccole paure, come poter parlare di argomenti tanto spigolosi come un'operazione a sterno aperto, un Ospedale Pediatrico, un Reparto di Terapia intensiva Cardiochirugica?
Eppure, a dieci giorni dal parto, quel coraggio l'ho finalmente trovato. Ricordo come fosse oggi quel sabato pomeriggio in cui, in una pausa prima di rientrare in ospedale, seduta al tavolo della sala hobby di casa dei miei ho riempito quelle tre pagine e mezza, con gli occhi inondati di lacrime.
L'ho fatto perchè la mia idea era sempre stata quella, un giorno, di regalare a mio figlio quel diario, affinchè sapesse tutto l'amore che c'è stato dietro. Perchè so che ci saranno momenti bui, quando lui sarà un adolescente tutto ormoni e io la vecchia palla al piede, con le sue regole e i suoi orari; ma voglio che in quei momenti lui non perda mai di vista quello che significa DAVVERO essere mamma. Per questo, in quei mesi, riempivo pagine su pagine, per non perdere neanche una di quelle sensazioni che, a distanza di tempo, avrebbero potuto aiutare mio figlio a capirmi.
E poichè, nella nostra storia, il suo intervento è parte integrante di quelle emozioni, alla fine mi sono fatta forza e ho concluso quel diario nell'unico modo possibile, lasciando andare tutta la paura.
Non ho più avuto il coraggio di leggere quelle pagine; fino ad ora, per questo blog, mi sono sempre affidata al ricordo di quei giorni, alla rievocazione di quelle sensazioni mai sopite. Credo però che sia venuto il momento di lasciare spazio all'unica testimonianza davvero "viva" di quel lunghissimo mese. Nulla di originale, immagino, rispetto a ciò che provano le migliaia di mamme (tremilacinquecento bambini all'anno nascerebbero affetti da cardiopatie congenite) che portano nell'animo cicatrici simili alle mie.
Nel momento in cui scrivevo, mio figlio aveva appena compiuto dieci giorni di vita ed eravamo in attesa dell'intervento di switch arterioso. Stento perfino a riconoscere il mio stile, tanto l'angoscia mi gelava la mente e la penna.

".. Mi sento confusa e disorientata, il mio corpo fatica ad adattarsi. Mi sembra di essermi sognata tutto, fino a pochi giorni fa avevo un pancione enorme e ti sentivo muovere lì dentro, poi all'improvviso le tanto attese contrazioni, il pronto soccorso, la sala travaglio, l'attesa, la tua nascita - il momento più straordinario di tutta la mia vita; e poi come una pallina su un piano inclinato, gli eventi che si susseguono imprevisti, tu che vieni portato via in incubatrice, mi passi davanti nel corridoio e sei bellissimo, dormi con addosso solamente il pannolino e io sono lì in piedi che devo rimanere una notte almeno in ospedale per poter essere dimessa.
Ho pianto per giorni, mi sentivo come se mi fosse stata amputata una parte del corpo, ancora adesso ripenso alla notte in cui ho partorito ed ho un ricordo talmente dolce di quei momenti... ;mi sarebbe piaciuto godermelli di più, trascorrere con tutte le mamme i tre giorni di degenza iniziando a "familiarizzare"con il mio bambino ma la vita ha deciso diversamente, rimanderemo tutto a quando sarai con noi a casa...."

"...E' vero che i cardiologi dicono che è un intervento quasi di routine, ma sei così piccolo e indifeso, mi vengono le lacrime agli occhi anche solo quando la sera ti lascio nella tua culletta.. se penso a quando sarai lì, tutto solo, in camera operatoria mi viene da piangere.
E' come essere ancora incinta, in attesa che tu nasca di nuovo. Mi sto perdendo il tuo primo mese, ho visto che hai già perso il cordone ombelicale, e pensare che mi spaventava tanto l'idea di medicartelo... Ma la cosa più importante è che tu stia bene, che l'operazione vada bene e che possiamo finalmente portarti con noi a casa, nella tua cameretta di "Cars" che il tuo papà ha preparato con tanto amore. Sei tu che mi dai la forza di affrontare ogni cosa, con i tuoi occhietti che mi fissano e le tue manine che mi stringono le dita, sei così sereno e fiducioso nella vita che non posso non esserlo anche io. Continuo a pregare e spero che questo momento passi in fretta."

Questi, i miei pensieri di allora. Qui si interrompe il diario, a parte un pieghevole dell'Unità Operativa di Cardiochirurgia con le informazioni per la dimissione e i numeri da chiamare in caso di necessità. Non si è interrotta, fortunatamente, la nostra storia.

1 commento:

  1. Ciao... Credo che ormai sia passato gia' + di un anno dal giorno dell'intervento e spero che il tuo bambino stia bene. Io sono una ragazza di 32 aa incinta alla 11' sett... Fin qua niente di che. La cosa particolare e' che sono la prima (o quasi) bambina operata di trasposizione grossi vasi nel lontano '79 e '83. Ora sto bene anche se nn tutti i medici erano d'accordo con una mia gravidanza (perche fino a qualche anno fa si diceva che donna cardiopatica nn potesse avere figli). Grazie a Dio e alla scienza (anche se sono 2 cose opposte, ma entrambe utili!)Mi e' stata data questa possibilita' e, leggendo le parole del tuo diario dei giorni dell'intervento, sono ancora +contenta di averci provato, anche solo x avvertire quelle sensazioni belle che hai descritto e che veramente riescono a trasmettere l'amore che puo' crescere in una mamma che aspetta il suo bambino. I giorni passano e vorrei che passassero + velocemente x arrivare prima a quel giorno, al giorno in cui i miei occhi si confonderanno in quelli di lui/lei, cosI'tanto attesa/a e cosi' tanto voluto/a sopra ogni"ragionevole" rischio, sopta ogni cosa!!!
    Credo di poterti dire di stare tranquilla: il tuo bambino crescera e stara' bene e ti dico una cosa che ha detto il mio ginecologo a me e mio marito: ""da gravidanze difficili e da nascite difficli, crescono sempre dei grandi uomini e delle grandi donne!" Io ne sono convinta. Un abbraccio Antonella

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