
(immagine tratta da http://forum.donnamoderna.com)
In un anno e mezzo, ho conosciuto tante storie e tante mamme. Via facebook, tramite il blog e attraverso il forum in cui avevo postato la mia storia, diverse persone mi hanno scritto condividendo con me qualche settimana di angoscia.
In molti casi, tutto si è concluso con un "e vissero felici e contenti". E la gioia, inutile anche dirlo, per la proprietà transitiva si propagava da loro a me, irradiandomi di quella luce. Rivivevo con loro il momento più bello, quello in cui metti tuo figlio nella navetta e te lo porti via, senza che nessuno venga per riattaccargli un maledetto sensore. Nella hit-parade dei momenti più belli della mia vita, supera per intensità quello in cui, per la prima volta, ho posato gli occhi su di lui.
Ma la realtà è la realtà, le percentuali sono pur sempre percentuali e a volte non tutto finisce con un lieto fine. Capita a volte che apri quel messaggio con una sorta di soddisfazione preventiva, aspettando di leggere "è tutto bene, siamo tornati a casa", e leggi invece qualcosa che ti blocca il sangue nelle vene.
"Se n'è andato". "ha messo le ali ed è volata via". "non ce l'ha fatta".
La condivisione del dolore è forse il dono più grande che c'è stato dato, come specie umana. E forse, come scrivevo tempo fa, il senso di queste brevi vite è semplicemente quello di elevarci al di sopra delle meschinità quotidiane, ricordandoci che abbiamo un cuore in grado di spezzarsi per il dolore altrui.
Quando ti ritrovi a piangere davanti allo schermo di un pc per la storia di qualcuno che non conosci se non virtualmente, capisci che quel mese di ospedale la tua vita l'ha ormai cambiata irrimediabilmente.
Voglio per questo dedicare un pensiero a questi bimbi ed ai loro genitori, persone straordinarie che si tengono a galla in mezzo alla Tempesta Perfetta, al peggior incubo che possa turbare la mente di un genitore.
Quando aspetti fuori dalla sala operatoria per undici lunghe ore, hai il terrore che quella porta si apra troppo presto e che qualcuno con aria mesta esca a dirti che è stato fatto tutto il possibile. Durante la permanenza in Terapia Intensiva, vai a dormire con l'angoscia che il telefono squilli per dirti che c'è stata una complicazione.
Nel nostro caso, potevamo certo dirci fortunati; i numeri della TGA sono più che positivi, ci parlarono di un 95% di possibilità di riuscita. Vivevamo di numeri ormai da mesi, da quando, alla traslucenza nucale, ci parlarono di 1 probabilità su 8 per la sindrome di down (con grande soddisfazione, ho dovuto rifletterci parecchio ed anche ora non sono proprio certa che fosse 1:8 o 1:6, segno che anche l'angoscia più profonda il tempo la lenisce e la cancella!). Alla fine, a qualcosa bisogna pur aggrapparsi e ti aggrappi a quello, ti dici "mica sarò proprio io in quel 5%"?
I numeri sono terribilmente freddi. Cinque per cento significa cinque bambini che smettono di esistere da un giorno all'altro. Significa novantacinque camerette che tirano un sospiro di sollievo e accolgono infine il loro piccolo inquilino e cinque che restano tristemente, irrimediabilmente vuote. Significa dieci genitori che vedono spezzarsi per sempre il loro sogno. Perchè è vero, potranno esserci altri bimbi, ma saranno appunto ALTRI bambini. Potranno aiutare a restituire un po' di serenità, ma non potranno mai e poi mai colmare quel vuoto.
Significa che quei cinque bambini su cento svaniscono lasciando dietro di sè mille domande, chissà di che colore avrebbe avuto gli occhi, chissà come sarebbe stata la sua voce, chissà cosa gli sarebbe piaciuto mangiare a merenda.
E per te che hai temuto, in quei giorni, di essere uno di quei cinque su cento, conoscere anche solo virtualmente quelle storie ti spezza il cuore; in molti casi sono coppie che provavano da anni, che hanno alle spalle uno o più aborti, che pensavano di aver finalmente coronato il loro sogno più grande. E non puoi nemmeno abbracciarli, perchè anche l'abbraccio, come tutto il resto, può solo essere virtuale.
Il senso di questo post? Semplicemente quello di dedicare un pensiero, una preghiera, una riflessione a quei genitori ed ai loro bimbi. Perchè chi ha la fortuna di un lieto fine non può restare indifferente a coloro che, nella trappola delle percentuali, sono rimasti impigliati.
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